Dopo
la Grande Missione di Milano del 1960 (??) il cardinale
Montini pensò di prolungarne i risultati attraverso un
periodico mensile da diffondere nelle parrocchie della
Diocesi e che facesse da supporto ai numerosi bollettini
parrocchiali; l'idea per quei tempi era coraggiosa più
che innovativa. Il giornale avrebbe rappresentato e voleva
essere la voce del Vescovo al suo popolo, il commentario
al magistero della Chiesa, una palestra di idee e
dibattiti e, perchè no, anche avrebbe dovuto essere una
lettura divertente ed immediata.
Ebbe subito un buon successo anche perchè a
dirigerlo chiamò don Andrea, il quale, essendo convinto
della attualità del progetto, vi impegnò creatività,
sensibilità pastorale e
quella competenza psicologica, grazie alla quale
riuscì sempre a proporre in modo comprensibile argomenti
complessi.
Costituì
una piccola redazione nella quale aveva coinvolto,
nell'avventura del Segno grazie alle amicizie e al
prestigio che godeva, giornalisti e
scrittori di grande professionalità quali Morati, De Fabiani, Negri,
Caporali, .... che con spirito di servizio e umiltà
davano forma alle sue idee. La redazione aveva sede
nell'Ufficio per la Pastorale delle Comunicazioni Sociali,
allora diretto da mons. Ernesto Basadonna e poi da Mons.
Majo.
Era rigoroso e severo come deve essere ogni buon
direttore di giornale,
pronto all'arrabbiatura per le cose .... non meno
che alla battuta fulminante dettata da uno umorismo
spontaneo o da bonaria ironia; tra le persone
"colpite" dalle sue battutine non mancava un
collaboratore fisso, titolare della rubrica "Le opere
e i Giorni" che, a differenza della maggior parte dei
redattori, puntualissimamente,
e diligentemente, consegnava le sue consuete 36-40 righe:
era un "professorino"
della Facoltà Teologica di nome Dionigi Tettamanzi...
Il suo modo di condurre la redazione non era molto
convenzionale, voleva infatti che partecipassero non solo
i giornalisti, ma anche lo stampatore, il grafico, il
fotografo, i collaboratori dell'ufficio di Curia,
precorrendo le attuali tendenze giornalistiche che fanno
del giornale un atto di produzione totale. Grazie alla sua
carica umana, le riunioni erano incontri tra amici felici
di lavorare insieme e ancor più nella coscienza di
svolgere un servizio alla chiesa milanese. E non perdeva
occasioni per lanciare delle attività da vivere, da
"vecchio" scout, con sano spirito di avventura.
Come fu nel 1974, quando pensò di presentare ai
lettori del "Segno" in modo originale l'Anno
Santo. Inventò una piccola guida di Roma più religiosa
che turistica e per produrla formò una squadra con il
grafico e lo stampatore, che erano anche buoni fotografi,
e il responsabile della Pastorale del Turismo; stesa la
traccia dell'opera, andò a Roma in auto
e in tre giorni di intenso lavoro fotografarono
monumenti, stabilirono contatti, sperimentarono i percorsi
e infine la piccola guida, stampata a colori, faceva la
sua apparizione come allegato del Segno di dicembre 1974.
Il mensile fu gradito da parroci e parrocchie; don Ghetti
lo voleva dignitoso e sobrio nella forma, graficamente
curato; non voleva nè poteva confrontarsi con i primi
rotocalchi patinati quali Epoca, l'Europeo; inizialmente
era stampato
in bianco e nero, poi si potè usare un secondo colore in
copertina e solo negli anni '70 apparve la quadricromia in
copertina e in qualche inserto speciale; ebbe molto
successo la formula di inserire nel corpo della rivista
uno o due "quartini"
con le cronache ed avvisi delle parrocchie , che
provocavano un lavoro infame allo stampatore, quel
Boniardi che aveva una delle più vecchie linotipie di
Milano ma che fu tra i primi a sostituire le vecchie
macchine con
la composizione elettronica.
Quando morì, si stava preparando il numero del
Segno che avrebbe festeggiato il 20*anno dalla fondazione;
la tiratura era ancora altissima, superiore alle 150.000
copie mensili; il Cardinale Colombo aveva già consegnato
in redazione il suo messaggio augurale; il capo redattore
De Fabiani lesse il suo "pezzo" |