Fonte: INTERVENTO DI MONS. GHETTI (MV1965) (?)

I cattolici nella Resistenza

PERCHÉ NO AL FASCISMO

In ogni momento della vita ognuno di noi è posto di fronte a delle scelte: quella, per esempio, di misurare fatti od avvenimenti sul metro dell'utile o della convenienza (non solo materiale) oppure di valutare la realtà che ci circonda sulla dimensione dei valori fondamentali dell'uomo, quei valori senza i quali il nostro esistere perde il suo senso. Così il cristiano che crede nelle realtà soprannaturali deve continuamente fare riferimento ad esse: non può mai giocare al compromesso che ignora il Messaggio evangelico. Così fu per il fenomeno fascista che impose la scelta tra l'adesione per quello che poteva apparire conveniente e l'opposizione per il suo contenuto ideologico. Le radici del fascismo sono da ricercare nella prima guerra mondiale che indusse (come del resto fa ogni guerra) uno stato di marasma nella nazione italiana. Le masse popolari ‑ quelle che più avevano pagato nella "inutile strage" si ritennero tradite ed ingannate. Tutte le promesse di un domani migliore non erano state mantenute. Da qui scioperi, rivolte, ribellioni. L'instabilità dei governi rendeva lo Stato incapace di correggere le più evidenti ingiustizie sociali e di risolvere i problemi dei reduci, di assicurare una tranquilla convivenza. Così le classi benestanti ‑ borghesia, industriali, agrari ‑ ben volentieri si affidarono alle nascenti squadracce fasciste, che promettevano ordine e protezione. Con aggressività armata, venivano percossi od uccisi gli avversari politi, bruciate le sedi, distrutte le organizzazioni di altri partiti: ma per i "benpensanti" il fascismo era ordine, Patria, disciplina. Analizzato in profondità era violenza, sopruso, falsità. Soprattutto mancanza assoluta del rispetto della dignità umana. Le "spedizioni punitive", l'uso dell'olio di ricino (che poi era olio di macchina con nefaste conseguenze per i martoriati), la persecuzione costante a chi pensava in altro modo erano sistemi atti a creare un senso di timore e di sgomento. L'adesione e la simpatia per il fascismo venne da quanti si sentirono difesi da questi metodi barbarici. È noto il succederei dei fatti, fino alla decisione di Vittorio Emanuele III di affidare il governo a Benito Mussolini. Scelta questa nata dalla teoria del meno peggio, legalizzando così l'episodio inammissibile di una fazione che, armata, marcia verso la capitale, per rovesciare i poteri costituiti. Sotto questo profilo non pochi cattolici si opposero fin dall'inizio al fascismo. Per l'impossibilità di conciliare il Vangelo con le dottrine da esso professate, fondate sulla violenza e su un rabbioso ‑ agli inizi ‑ odio alla religione. Dopo l'avvento al potere ‑ come sempre ‑ i più cercarono le vie del compromesso. Non bastarono ad aprire gli occhi sul vero volto del fascismo la serie di delitti commessi: come l'uccisione dell'on Matteotti, di don Minzoni e di altri. Il fascismo aveva recato ordine e i treni ... arrivavano in orario: e questo poteva bastare! Così il numero dei cattolici capaci di un no a quello che dopo il gennaio 1925 era diventato regime si riduceva sempre più. Tuttavia davanti a noi rimanevano esempi di persone di ogni credo politico capaci di perdere il posto di lavoro pur di non accettare la tessera, fino alla fame e alla miseria. Figure come il card. Minoretti , padre Bevilacqua, don Mazzolari erano guida e conforto. Il punto di svolta del fascismo si situa nel novembre 1926, con il giro di vite in senso ancor più totalitario a seguito dell'attentato Zanaboni. Viene emanata una serie di provvedimenti eccezionali come l'annullamento di tutti i passaporti, revoca della gerenza di tutta la stampa non fascista lo scioglimento di tutti i partiti non fascisti, l'istituzione del confino di polizia, la legge per la difesa dello Stato che ristabiliva la pena di morte ecc. Scompariva così ogni libertà civica e il fascismo ‑ divenuto dittatura ‑ toglieva di mezzo tutto ciò che ostacolasse la sua concezione totalitaria. Cadevano in tal modo tutte le Associazioni giovanili non facenti capo all'Opera Nazionale Balilla. Col decreto del 13 aprile 1928 veniva sciolta definitivamente l'Associazione Scoutistica Cattolica Italiana. Per l'Azione Cattolica giovanile si arrivava ad un accomodamento ‑ con situazioni rimaste sempre precarie ‑ in vista del Concordato con la Santa Sede. L'antifascismo rimase di pochi! Una vasta suggestione travolse il mondo cattolico nella visione costantiniana dell'unione di trono e altare, della spada e della croce. Come non ricordare il primo numero del periodico degli studenti di AC con la testata di "Credere"? Nell'articolo di presentazione l'allora presidente della Gioventù Cattolica sottolineava il titolo esaltando la trilogia mussoliniana: Credere, Obbedire, Combattere! Si salvarono da questo plagio universale solo quelle persone abituate ad un senso critico: alla capacità del confronto dei fatti correnti coi Valori quelli educati al coraggio di pagare di persona. Non possiamo al proposito non accennare al Movimento clandestino Scout, in quanto primo, se non unico gruppo antifascista, di giovani cattolici. Radicato in quei valori che il fascismo derideva ‑ non violenza, apertura internazionale, spirito di servizio, rispetto delle altrui convinzioni ‑ impegnò un pugno di giovani a rifiutare, appunto perché cristiani, un regime fondamentalmente anticristiano. "Essere Aquile Randagie fu dunque una scelta di ogni singolo ragazzo, fu volontà di perseverare, nell'ottenebramento generale dei valori, i principi di libertà, di responsabilità e coerenza morale che lo Scoutismo afferma; fu approfondimento dei motivi dell'incompatibilità tra tali principi e la teoria e la pratica del fascismo; fu presa di coscienza dell'insufficienza di un patriottismo o di un civismo astratti, non inseriti nei reali problemi della comunità nazionale e mondiale (anticipandosi così un essenziale evoluzione dei nostri giorni) fu infine una resistenza non puramente negativa, ma costruttiva, nella precisa volontà di elaborare qualcosa che potesse essere utile un giorno alla gioventù italiana" (Mario Sica: Storia dello Scoutismo in Italia). Così i Circoli della Federazione Universitaria Cattolica Italiana divennero scuola per gli studenti, educandoli ad un giudizio oggettivo, fuori di ogni suggestione, dei contenuti ideologici del fascismo e per il loro atteggiamento spesso furono oggetto di rappresaglie. Scelte tutte che ebbero momenti di prove e sofferenza, quando da più parti, voci autorevoli indicarono nel plebiscito del 1929 un modo per esprimere l'appoggio alla politica religiosa del regime conclusasi col concordato col Vaticano. Plebiscito del resto svoltosi all'ombra delle baionette della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale. Il Concordato certo codificava aspetti positivi nella vita italiana: riconoscimento del matrimonio religioso agli effetti civili, religione ne nelle scuole medie superiori, riconoscimento degli enti ecclesiastici ecc. Tutto ciò perdeva valore in quanto strumento per dare ossigeno ad un regime la cui dottrina, nei discordi del capo e nelle pubblicazioni, manifestava una deleteria statolatria: tutto nello Stato, nulla fuori dello Stato, nulla contro lo Stato. Né si deve dimenticare che la filosofia ufficiale del fascismo era l'idealismo gentiliano, per il quale la religione è solo un momento ‑ empirico della dialettica delle Spirito. E come accettare le aberrazioni di "Mistica fascista" imperniate su concezioni di potenza e di razza? I conflitti successivi tra fascismo e Chiesa nei riguardi dell'educazione dei giovani era nella logica delle cose: se mai si ammettevano i Cappellani nelle file delle organizzazioni fasciste era perché la religione cattolica era la religione della maggioranza del popolo italiano e non era conveniente urtare certe radicate tradizioni. Ma il piano educativo dei ragazzi e dei giovani ‑ alla violenza fisica e verbale, all'imperialismo, nel segno di "Libro e Moschetto" ‑ era fuori e contro ogni visione cristiana. Come poi accettare un regime che operava mediante Una polizia politica ‑ OVRA - solerte nell'arrestare e far processare chiunque non condividesse la volontà del partito? Come aderire ad un bolso e talora ridicolo culto della personalità che portava all'idolatria del duce, cui era concessa la grazia di non sbagliare mai? Quando il fascismo arrivò alla guerra etiopica, guerra di aggressione di un inerme popolo libero, la si volle far credere guerra di civiltà o addirittura la si considerò "crociata cristiana". Di fronte al plauso di autorità civili e religiose, all'offerta di anelli (oro alla patria) e di croci pettorali, ad articoli plaudenti della stampa cattolica, il nostro giudizio rimase totalmente negativo: era solo una inutile guerra coloniale. Fu spreco di miliardi in terre lontane mentre tragici problemi nazionali restavano insoluti. Poi la seconda guerra mondiale. Il fascismo per la sua conclamata mentalità di aggressione non poteva non sfociare alla guerra. Aggiogato al carro nazista doveva seguirne le sorti. Tra i primi effetti di una più stretta alleanza con la Germania fu il rincrudersi  della lotta razziale. Perché cristiani ci ribellammo a leggi inique e prendemmo le parti dei perseguitati. Fu rifiuto deciso ad ogni discriminazione, fu aiuto prestato a gente senza difesa. Del resto il nostro no alla guerra, scatenata in nome di una ideologia politica, fu totale. Invano si cercò di creare artificiosamente un odio verso popoli e nazioni vicine: la nostra gente, umile e generosa, intuì la carenza di ogni contenuto ideale a una guerra imposta. Molti partirono sapendo di dover morire in un conflitto senza scopo. Non ci scoprimmo antifascisti, come tanti, il 25 luglio 1943. Non fu una rivelazione improvvisa di una corruzione intrinseca di un regime, legato ad una persona e difeso dai gerarchi per individuali interessi o per sopravvivere. Anche questa volta il Re scelse la soluzione che gli sembrava comportare meno rischi per lui (come nel '22): l'importante era di salvare la corona. Fu un calcolo sbagliato ed una terribile ingenuità il credere che Hitler assistesse passivo al crollo di un settore del suoi schieramento politico e all'arresto "dell'amico". Così si ebbe l'8 settembre. Una data che ricordiamo con terrore ed angoscia: governo in fuga, soldati abbandonati dagli ufficiali, ufficiali senza ordini, in modo che pochi tedeschi fecero prigionieri interi reggimenti e i nostri giovani finirono su vagoni piombati nei campi di concentramento in Germania. L'esercito italiano si dissolve. Iniziava il periodo più tragico della storia di una Nazione in balia dei tedeschi e dei risorti fascisti, armati di odio e assetati di vendetta. Giovani braccati, ebrei senza casa e difesa, di contro una forza bruta protesa a fare dinanzi a sé la terra bruciata. L'Italia si trovò divisa in due parti: da una parte un governo legittimo, dall'altra un occupante senza scrupoli. Ancora una volta s'imponeva una scelta: come cristiani ci mettemmo dalla parte dei perseguitati. La resistenza fu primariamente un fatto dello spirito, una ricerca di giustizia e di libertà: fu gesto di solidarietà con chi era nel pericolo. Immediatamente ‑ quasi per istinto ‑ preti, suore, laici strutturarono soccorsi assistenza agli sbandati, accompagnamento in Svizzera di ebrei o militari alleati, ricovero ai ricercati, rifornimento di viveri ai senza tessera, fabbricazione di documenti falsi, stampa clandestina ecc. I bandi fascisti e tedeschi fecero salire in montagna giovani sul cui capo pendeva la pena di morte. Non solo il fantomatico governo di Salò e le forze di occupazione iniziarono una feroce repressione con deportazioni in massa condanne a pena capitale, sequestro di beni, requisizione di impianti industriali perché fossero trasportati in Germania. Fu una scelta dura allora, ma lucida: in nome della propria vocazione di cristiani, per i quali non ci può essere dignità umana senza verità e giustizia per la difesa dei valori supremi di un popolo, per opporsi all'aggressore, fu ‑ necessario prendere le armi.  Qui è utile una precisazione: i cattolici combatterono ‑ nelle varie formazioni per realizzare un domani di libertà e di giustizia fra i popoli. Fu perciò una lotta ideale. Per questo i nostri fratelli sono morti davanti ai plotoni di esecuzione, perdonando all'uccisore. Così come si sono consumati nei lager di sterminio, fissando Colui che è morto per renderci liberi. La Resistenza dei cattolici fu tutta fondata su contenuti spirituali: riflesso di essi è la preghiera del ribelle di Olivelli. [Invece per altri partiti politici la resistenza era prodromo di una rivoluzione per la conquista del potere: con qualsiasi mezzo. Da qui episodi di azioni partigiane ‑ respinte dallo stesse Comitato di Liberazione ‑ le cui conseguenze pagarono spesso inermi popolazioni. Ben si può dire che la coscienza di molti cattolici respinse sempre, fin dall'inizio il fascismo scorgendo in esso i germi di una concezione desti nata a portare nel tempo lo sfacelo di una Nazione. Fu Resistenza attuata in nome dei valori cristiani: per la difesa dell'uomo senza odio, senza vendette. Così che alla fine della guerra ‑ nel gioco di rancori incontenibili, nella mescolanza di cieche passioni ‑ furono i cattolici a salvare da certa morte persone accusate di collaborazionismo. Mi pare che a conclusione di tutto ben si possa dire che i cattolici ‑ pochi o molti ‑ a seconda dei periodi ‑ hanno avuto un comportamento coerente scegliendo non l'utile immediato, ma la difesa dei valori cristiani. Per questa fedeltà molti sono caduti: furono martiri, cioè testimoni del Messaggio di Cristo che vale per tutti i tempi e per tutti i popoli: Messaggio di verità, carità, libertà e giustizia. Andrea Ghetti.